Anche in Calabria vige una tradizione molto forte legata al culto dei morti e che ricorda, in alcuni casi, quella Messicana del El Día de Muertos.

Nei paesi di origine Arbereshe, per esempio, nel giorno dei morti si andava al cimitero e, dopo aver posto i fiori o un cero sulla tomba del proprio caro, si condivideva con lui del cibo, consumandolo sul posto; a volte venivano lasciate, prima di andar via, delle bottiglie di vino e oggetti vari come gesto di rispetto, affinché il morto potesse servirsene lontano dallo sguardo di tutti.

Fino a un paio di decenni fa, poi, le donne usavano fare dei cortei per recarsi al cimitero; lungo la strada, intonavano litanie per scacciare gli spiriti maligni. Questo rito si è, ormai, perduto, tuttavia non è raro trovare anziane che, davanti alla lapide del morto, continuano a “lamentarsi” come forma intima di preghiera.

La zucca e il “dolcetto o scherzetto” non sono solo una prerogativa dell’Halloween americano visto che li troviamo anche a Serra San Bruno. Qui, infatti, è ancora viva la secolare tradizione del “Cuocculu di muortu”: i ragazzini intagliano a forma di teschio (in dialetto “Cuocculu di muortu”) una zucca e, reggendola, sfilano lungo le vie chiedendo ai passanti, o alla gente in casa, “Mi lu pagati lu coccalu?” (“Me lo pagate il teschio?”). Il denaro che ricevono in cambio viene usato per comprare dolcetti.


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