Oggi voglio parlare del rapporto delle donne con lo sport, ma non lo voglio fare per il classico politically correct perché. nel corso della storia,  innumerevoli sono le donne che si sono distinte in molteplici discipline, spesso in competizione anche con i colleghi uomini.
Andremo in giro per il mondo a scoprire storie note e meno note ma, come dico sempre, belle da conoscere e “magari” da approfondire.

Voglio partire da uno sport che per definizione è ad esclusiva partecipazione maschile ma che invece nel corso del tempo ha trovato delle splendide protagoniste, se non nei risultati sicuramente nell’applicazione e nel coraggio.
Parlo della Formula 1 dove l’adrenalina la fa da padrona, dove il pericolo è dietro ogni curva e dove i piloti sanno perfettamente qual è il limite da non superare.
Certo, a volte la capacità di leggere ciò che accade non basta perché si ha comunque a che fare con un mezzo meccanico non infallibile, come non infallibili sono quelli che occupano l’abitacolo.
E’ chiaro che dall’alba dei tempi ad oggi le condizioni di sicurezza delle piste e delle autovetture sono aumentate esponenzialmente; per fortuna oggi gli incidenti che si rivelano mortali sono sempre meno.
Nella puntata dedicata alle morti nello sport ho parlato della tragedia che ha colpito Jules Bianchi, ma come spesso accade, i fattori che determinano la gravità di un incidente sono frutto nella maggior parte dei casi di una serie di sfortunati e concatenati eventi.

 

MARIA TERESA DE FILIPPIS: LA PIONIERA

La prima donna a salire all’interno di un abitacolo di una Formula 1 e a partecipare ad almeno un gran premio ufficiale è stata la napoletana Maria Teresa De Filippis.

La De Filippis, classe 1926, all’età di 22 anni nel primissimo dopoguerra, vinse la sua prima gara su un’auto; si trattava della 10 km Salerno/Cava dei Tirreni a bordo di una Fiat 500.
Maria Teresa non nasceva forse con lo spirito della velocità, ma i fratelli ebbero la malaugurata idea di provocarla sostenendo che non era in grado di andare veloce al volante di una macchina.
Io non ho sorelle, ma nel caso mi sarei ben trattenuto da provocarla perché tutti sappiamo quanto una donna punta sul vivo può diventare letale e soprattutto, al contrario di come spesso capita a noi uomini…non molla fino a che non raggiunge l’obiettivo.
Maria Teresa comincia quindi a correre e ottiene la vittoria come già detto.
Ma siccome l’appetito vien mangiando la De Filippis continuò a correre e a correre sempre molto veloce tanto da classificarsi, nel 1954, al secondo posto del campionato italiano delle vetture sportive.
Questi risultati non passarono inosservati tant’è che Maria Teresa attirò le attenzioni di tale Ernesto Maserati.
Il pilota, uso questo termine perché ritengo che il pilota vada bene per entrambi i sessi, partecipò anche a diverse gare in salite e a gare di endurance.
Nel 1958 approdò finalmente alla Formula 1 come privata e quindi non sostenuta da scuderie ufficiali, al volante di una Maserati 250F, vettura che l’anno prima aveva vinto il Campionato del mondo con alla guida quel fenomeno rispondente al nome di Juan Manuel Fangio.
Provò a qualificarsi al Gran Premio di Monaco, senza riuscirvi, ma non fallì la qualificazione nel tremendo circuito di SPA Francorchamps in Belgio.
Per chi non è avvezzo alla F1 consiglio di andare a farsi un giro su YouTube e provare a rendersi conto cosa vuol dire fare un giro su quel tracciato, uno dei più veloci del circus con curve che vengono affrontate a velocità non comuni e che nel 1958 era lungo ben 14 km e 100 metri: un’eternità.
Bene, Maria Teresa si qualificò pur ultima, diciannovesima, e riuscì a terminare la gara al decimo posto arrivando a due giri di distanza dal vincitore Tony Brooks.
Ma nel 1958 non tutti gli uomini erano pronti ad accettare l’idea che una donna potesse correre in auto e nel GP successivo a quello di SPA, quello di Reims, la giovane italiana non fu ammessa dal direttore di gara il quale dichiarò: “l’unico casco che una donna deve mettersi è quello del parrucchiere”.
Quella volta non c’erano i social e le disparità tra uomo e donna non erano viste come tali e questa cosa passò in cavalleria.
Maria Teresa era una tipa tosta e non si arrese, partecipando ad altri due GP, quello del Portogallo e quello d’Italia non riuscendo a tagliare il traguardo in entrambe le occasioni per problemi al motore, al sesto giro al Gp di Estoril, mentre al cinquantasettesimo giro al Gp di Monza, a soli tredici giri dalla fine e mentre si trovava all’ottavo e ultimo posto.
Nel 1959 provò a riqualificarsi al GP di Monaco al volante di una Behra-Porsche ma non vi riuscì per soli tre secondi, arrivando a solo un secondo di distanza dal compagno di squadra Wolfgang Von Trips, dimostrando di avere un piede comunque pesante.
Maria Teresa non sapeva che quello sarebbe stato il suo ultimo tentativo di correre in F1.
L’anno seguente, nel 1959 il suo carissimo amico e team leader Jean Behra, morì in una gara di contorno sul circuito dell’AVUS in Germania e la De Filippis decise di appendere il casco al chiodo.

Il destino decise che anche il suo ultimo compagno di squadra Wolfgang Alexander Albert Eduard Maximilian Reichsgraf Berghe Von Trips, morisse in pista e in particolare nel 1961 nel GP di Monza, dove a seguito dell’incidente morirono anche 15 spettatori.


Ma per me è stato incredibile scoprire che Von Trips, di origini nobili e appassionato Kart, fece costruire un Kartodromo vicino alla villa di famiglia, a Kerpen, dove iniziò la sua carriera un giovanissimo Michael Shumacher.
Maria Teresa De Filippis è mancata nel 2016 a Scanzorosciate piccolo paese in provincia di Bergamo.

 

MARIA GRAZIA LOMBARDI: PILOTA DAL CUORE D’ORO

Anche la seconda pilota di cui vi parlo è italiana e si tratta di Maria Grazia Lombardi per tutti “Lella”.
Nata a Frugarolo in provincia di Alessandria nel 1941 rimane ad oggi l’unica pilota ad ottenere punti nel campionato mondiale di Formula 1.
Lella ebbe i primi approcci con la massima categoria delle auto nel 1974 dopo aver esordito nelle categorie inferiori, Formula 3 e Formula 5000, provando a qualificarsi al Gp di Brands Hatch in Inghilterra al volante di una Brabham-Cosworth, ma senza riuscirci.
L’anno successivo le viene offerto il sedile di una March e debutta ufficialmente al GP del Sud Africa a Kyalami, ritirandosi al ventitreesimo giro per un problema meccanico.
Ma l’appuntamento con la storia arrivò nel GP successivo ed in particolare quello di Spagna disputatosi sul circuito del Montjuich.
Ad onor di cronaca devo riferire che il GP nacque sotto pessimi auspici con i piloti che boicottarono le prove del venerdì per le pessime condizioni delle barriere di protezione, ma, lavori frettolosi di riparazione e soprattutto minacce legali, imposero ai piloti di gareggiare per le prove del sabato.
Lella, alla guida di una March 751 marcata Lavazza, si qualificò a 7” dalla pole ottenuta da Emerson Fittipaldi alla guida di una McClaren.
Ma il week end nato male terminò anche peggio con Fittipaldi che rinunciò a prendere il via, il fratello Wilson e l’italiano Merzario che si fermarono per protesta dopo un giro; ma il peggio doveva ancora arrivare e la tragedia si concretizzò al giro n. 25 quando la vettura di Rolf Stommelen, una Hill Ford, perse l’alettone che volò in mezzo alla folla provocando la morte di quattro spettatori e ferendo decine di persone.
La Direzione gara non poté fare altro che sospendere la gara e la nostra Lella Lombardi, che si trovava sesta a due giri dal leader Jichen Mass, ricevette mezzo punto, fatto che la rende comunque l’unica donna che ha gareggiato in F1 e ha ottenuto punti.
La carriera della Lombardi continuò e nelle nove gare successive ottenne un brillante settimo posto in Germania, oltre che altri piazzamenti in Olanda, Austria e Francia.
La stagione successiva si divise tra Brabham e March riuscendo a partecipare a quattro gare, terminando al dodicesimo posto in Austria e al quattordicesimo in Brasile.
La carriera di Lella Lombardi proseguì in altre discipline sempre di velocità, correndo in varie gare dalla Coppa Florio, in Formula Nascar, alla 24 ore di Daytona, alla 6 ore di Hockenheim, la 1000 km del Nurburgring e molte molte altre, ottenendo anche alcuni successi in particolare nel 1981 in cui ottenne la vittoria alla 6 ore del Mugello in coppia con Giorgio Francia, il secondo posto alla 1000 km di Monza, il quarto posto nella 6 ore di Silverstone e il secondo posto nella 6 ore di Pergusa.
Nella formula Nascar Lella incontrerà altre due donne volanti, l’americana Janet Guthrie e la belga Christine Beckers con la quale gareggerà alla 24 ore di Daytona terminando la gara al 47° posto.

Sicuramente anche a quei tempi la presenza o meno di sponsor permetteva o meno la riuscita di una carriera e la Lombardi non aveva budget importanti, ma nel circus Lella si guadagnò il rispetto di chi cerca di andare avanti nonostante tutto, ma anche certificando la propria presenza con gare all’altezza degli uomini, che gareggiavano a parità di mezzi.
Gli anni ‘80 videro Lella battagliare a lungo nel campionato europeo con una Ford Sierra-Cosworth arrivando fino al 1988, momento in cui scoprì di essere malata. Chiaro è che una donna della tempra di Lella Lombardi non avrebbe abbandonato la lotta e non potendo più correre pensò bene di creare una propria scuderia “Lella Lombardi Autosport”, insieme a Bruno Remondi, che per lei aveva preparato per anni le vetture.
La sua scuderia si concentrò nel promuovere l’attività delle giovani promesse, un lavoro che portò la scuderia di Lella ad avere un albo d’oro di livello assoluto.
Lella Lombardi fece in tempo a godersi solo l’inizio del suo lavoro poiché quel male oscuro la portò via nel 1992, ma la scuderia sopravvisse grazie a Remondi e alla moglie Giusy Mutti che permisero a Lella di “continuare a vivere nelle corse” come da lei richiesto.
Lella è rimasta nel cuore di chi l’ha conosciuta e chi la ricorda lo fa sempre con gli occhi lucidi, quegli occhi che sono stati testimoni di una ragazza, di una donna che ha sempre avuto una buona parola per tutti, una donna disponibile con tutti, una donna che ha sempre creduto nel lavoro duro perché spesso diceva: “Una cosa non ti arriva da sola, la devi volere”.

 

DIVINA MARY GALICA: DALLO SCI ALL’AUTOMOBILISMO

Dopo due italiane, è la volta di una inglese nativa di Bushey nell’Hertfordshire, Divina Mary Galica.

La prima cosa da dire è che Divina nasce come sciatrice e partecipa addirittura alle olimpiadi di Innsbruck nel 1964, gareggiando nella discesa libera e nello slalom speciale; partecipò anche ai giochi di Grenoble 1968 e di Sapporo 1972 e in entrambe le occasioni fu capitana della squadra olimpica terminando le proprie gare sempre nelle prima dieci posizioni.
La Galica ottenne anche due podi in discesa libera a Badgastein e Chamonix e per breve tempo ottenne il record di velocità in discesa libera a 201 kmh.
Incredibilmente tornò ai giochi olimpici di Albertville nel 1992 partecipando alla gara dimostrativa del chilometro lanciato.
Ma la Galica ebbe anche carriera automobilistica nata quasi per scherzo.
L’esordio di Divina avvenne al GP di Grand Bretagna del 1976 che divenne l’unico GP di sempre a vedere ai nastri di partenza due donne.
Dicevo prima che il tutto era nato per gioco e infatti la Galica fu invitata a partecipare ad una corsa riservata alle celebrità in cui Divina, andando velocissima, stupì tutti i presenti e si convinse ad intraprendere l’avventura motoristica.
La carriera iniziò dai kart, proseguì in Formula 2 e dopo la brevissima parentesi in Formula 1, nelle sport car, nei trucks, nella formula Renault e nella formula Vauxhall Lotus dove ottenne buoni risultati.
Divina dopo il tentativo di qualificazione a Brands Hatch nel 1976 alla guida di una Surtees-Cosworth, riprovò in Argentina e Brasile nel 1978 su Kesketh-Cosworth senza riuscire a qualificarsi. Diventò istruttrice di guida presso la Skipe Barber Racing School.

 

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by Fabrizio Roscitano

 

 


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