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Milwall: l’ultima vergogna

L’ultimo episodio che vi voglio raccontare arriva dall’Inghilterra, dalla terra madre dello sport più praticato al mondo, ma purtroppo anche madre dei tifosi più violenti dello sport più praticato al mondo, il calcio.

5 Dicembre 2020 Milwall – Londra

Qui è nato nel 1885 il Milwall Football Club, un club che nella sua storia non ha mai vinto alcunché, ma che è diventato negli anni bui degli hooligans un simbolo di tutto ciò che non doveva essere calcio.

Il livello del club è sempre stato mediocre, gravitando tra la seconda e la terza divisione con esclusione di due stagioni tra il 1988 e il 1990 in cui si affacciò alla prima divisione, per poi tornare nell’oblio.

La caratteristica principale di questa squadra è sempre stata purtroppo la sua tifoseria divisa in Milwall Bushwackers e i Milwall Brick; entrambi questi gruppi si sono originati nelle zone più povere e problematiche di Londra, zone del porto, zona dei manovali e della working class.

Il motto di questi “tifosi” era «No one likes us, no one likes us, no one likes us – we don’t care!» che vuol dire “Non piacciamo a nessuno, non ci importa niente” e il loro unico scopo era quello di andare negli stadi di tutta l’Inghilterra a creare scompigli, disordini, violenze, senza interessarsi della partita che era solo il pretesto per fare casino. Inventarono anche un’arma, la Milwall brick che era un giornale ripiegato e bagnato, in modo da diventare duro come una specie di manganello.

Nel 1985 proprio in conseguenza di scontri tra i tifosi del Milwall e quelli del Luton Town, l’allora Primo Ministro Margareth Thatcher, la Lady di Ferro, prese provvedimenti per cercare di debellare il fenomeno hooligans proprio nell’anno in cui si verificò la tragedia dell’Heysel dove gli hooligans del Liverpool provocarono la morte di 39 tifosi della Juventus.

Tutto questo giro di parole per arrivare al 5 dicembre 2020, praticamente ieri,ad una partita giocata in casa al “The Den” contro il Derby County di Rooney. I tifosi, riammessi allo stadio dopo 280 giorni di chiusura causa Covid, avevano manifestato la contrarietà nel vedere i propri beniamini inginocchiarsi manifestando vicinanza al movimento BLM.

Nonostante la società avesse inserito diverse comunicazioni allo stadio in cui chiedeva ai tifosi di rispettare il momento di raccoglimento, gli stessi, nel momento in cui i calciatori si sono inginocchiati hanno, in blocco, cominciato a fischiare rumorosamente e ad urlare insulti contro i giocatori, tra lo sbigottimento degli stessi.

Le reazioni di vari esponenti di spicco del calcio e della politica inglesi sono state immediate e hanno richiesto l’arresto di tutti i duemila tifosi presenti al The Den.

La crew del Milwall, sui social ha spiegato il motivo del proprio atteggiamento, che non era assolutamente legato a contestare i gesti antirazzisti, ma era indirizzato proprio al BLM, movimento giudicato marxista, movimento che ha ispirato l’abbattimento di statue come quelle di Churchill, di Colombo o di tantissimi altri personaggi che nulla avevano a che fare col razzismo.

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Detto questo, vale la pena ricordare che anche un giocatore di colore del Crystal Palace, Wilfried Zaha, ha dichiarato che ormai il gesto dell’inginocchiamento fatto indiscriminatamente in ogni partita di ogni evento sportivo ha perso il proprio valore, tant’è che lui non lo fa più, subendo tra l’altro diverse accuse da parte di chi invece vede in questo gesto un perenne ricordo di ciò che succede.

Torno quindi alle considerazioni iniziali: il BLM, pur nato con scopi nobili, corre il rischio che il voler sensibilizzare su un argomento come il razzismo, in questo caso nel mondo dello sport, senza soluzione di continuità, perda completamente la propria mission.

È umanamente importante che in un mondo così liquido, personaggi di rilievo nel mondo sportivo prendano posizione per difendere chi non ha voce; che ci siano personaggi come Lebron James, Romelu Lukaku, Lewis Hamilton che continuino la lotta iniziata da Owens, Carlos e Smith è di una importanza basilare ma non si deve perdere di vista la logica del problema.

Il razzismo esiste, è forte, ma non tutti gli episodi che accadono sono riconducibili al razzismo!

In ultima analisi è proprio qui il problema: ciò che capita in uno stadio, su un campo da calcio è spesso frutto del momento, dell’agonismo e non di odio. È chiaro che finchè ci saranno persone che moriranno per il colore della loro pelle, la strada da fare è ancora lunga.

 

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by Fabrizio Roscitano

 


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