In Italia, la salute dei detenuti rappresenta un diritto costituzionale fondamentale, ma al tempo stesso un tema complesso e spesso discusso. Quando le condizioni cliniche di una persona ristretta diventano talmente gravi da non essere più compatibili con il regime carcerario, emergono interrogativi cruciali sul bilanciamento tra tutela della salute e applicazione della pena.
Ne abbiamo parlato con il Dott. Marcello Lorello, medico legale e specialista in medicina penitenziaria, che ci ha aiutati a comprendere i criteri sanitari, le procedure giudiziarie e le tutele previste dalla Costituzione. Un’intervista che fa luce su competenze, obblighi e criticità del rapporto tra sistema sanitario e giustizia penale in ambito detentivo.
Giornalista: Dottor Lorello, che cosa significa che una persona detenuta può essere incompatibile con il regime carcerario per motivi di salute?
Dott. Lorello: L’incompatibilità con il regime carcerario si verifica quando le condizioni cliniche del detenuto sono talmente gravi da non poter essere adeguatamente gestite in ambito penitenziario, nemmeno con il supporto della struttura sanitaria interna.
In questi casi, la permanenza in carcere può mettere a rischio la vita o aggravare in modo irreversibile le condizioni di salute della persona.
La legge consente quindi, su indicazione medica, la richiesta di misure alternative, come la detenzione domiciliare.
Giornalista: Chi valuta se una persona detenuta si trova in una condizione sanitaria incompatibile con il carcere?
Dott. Lorello: Il primo passo spetta al medico del Servizio Sanitario Nazionale che opera all’interno dell’istituto penitenziario.
Tuttavia, nei casi più complessi o quando viene presentata un’istanza di incompatibilità, entra in gioco anche il medico legale.
Il suo compito è redigere una relazione tecnica, valutando le cartelle cliniche, gli esami, la diagnosi e le condizioni generali del paziente, per stabilire se la struttura carceraria possa assicurare cure adeguate o meno.
Giornalista: Che ruolo ha il medico legale in questo procedimento?
Dott. Lorello: Il medico legale agisce come consulente tecnico del magistrato di sorveglianza.
Deve accertare se la permanenza in carcere costituisca un rischio attuale e concreto per la salute, e se la patologia in atto sia incompatibile con il trattamento sanitario praticabile in carcere.
La sua perizia può essere disposta d’ufficio dal giudice, oppure richiesta dalle parti, spesso dalla difesa.
Giornalista: Ci sono patologie che più frequentemente portano a una dichiarazione di incompatibilità?
Dott. Lorello: Sì. Tra queste ci sono:
- Malattie oncologiche in fase avanzata,
- Insufficienze d’organo (renale, respiratoria, cardiaca) in stadio grave,
- Patologie psichiatriche non gestibili in ambiente carcerario,
- Stati terminali o disabilità gravi che richiedono assistenza continuativa.
Giornalista: Cosa accade dopo che il medico legale certifica l’incompatibilità?
Dott. Lorello: La relazione medico-legale viene trasmessa al magistrato di sorveglianza, il quale può disporre una misura alternativa alla detenzione in carcere, tipicamente la detenzione domiciliare presso l’abitazione del detenuto, una struttura protetta o in alcuni casi anche presso una residenza sanitaria assistita.
La decisione spetta comunque al giudice, che valuta anche altri fattori, come la pericolosità sociale.
Giornalista: La detenzione domiciliare è una forma di impunità?
Dott. Lorello: Assolutamente no.
La pena resta tale, ma viene eseguita in un contesto diverso, per garantire il diritto alla salute, sancito dall’art. 32 della Costituzione.
Non si tratta di un privilegio, ma di una misura umanitaria e costituzionalmente fondata, soprattutto quando l’assistenza sanitaria in carcere risulta inadeguata.
Giornalista: Quanto è importante la documentazione sanitaria in questi casi?
Dott. Lorello: È fondamentale.
Senza una certificazione medica specialistica chiara e aggiornata, il medico legale non può esprimere un giudizio.
È importante che le diagnosi siano ben documentate, con referti, terapie in corso e indicazione del fabbisogno assistenziale.
La mancanza di documenti clinici può determinare il rigetto dell’istanza.
Giornalista: Un’ultima domanda: come si garantisce l’equilibrio tra tutela della salute e sicurezza pubblica?
Dott. Lorello: È una questione delicata.
Il medico legale valuta solo il profilo sanitario.
Spetta poi al giudice valutare l’idoneità del domicilio, i rischi di fuga o recidiva, e altre misure di controllo. In alcuni casi si dispone l’uso del braccialetto elettronico. L’obiettivo è garantire la dignità della persona detenuta senza compromettere la sicurezza collettiva.
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